Condividere per moltiplicare (Gv 6, 1-15)


17a Domenica – Tempo Ordinario – Anno B

Tutto ciò che tratteniamo per noi impedisce il miracolo della moltiplicazione, perché il rifiuto di condividere con i fratelli ciò che abbiamo, per quanto piccolo sia, significa pretendere che Dio sia Padre per noi e patrigno per gli altri.

Letture: 2 Re 4,42-44; Sal 144; Ef 4,1-6; Gv 6,1-15

mani_condivisioneIn questa domenica la liturgia ci fa pregare con un salmo, riassunto nell’invocazione: “Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente”, che riprende la strofa centrale: “Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa

e tu dai loro il cibo a tempo opportuno. Tu apri la tua mano e sazi il desiderio di ogni vivente”.
Se prendiamo l’affermazione del salmista e l’invocazione che la riassume in senso puramente spirituale, nessun problema. Se invece, stimolati dalla prima lettura e dal vangelo, le caliamo nella realtà, dove milioni di persone muoiono di fame o non hanno il cibo, né materiale né spirituale, sufficiente per una vita decorosa, allora non possiamo evitare, anche se ci sembra irriverente e quasi blasfemo, un interrogativo: “Con tanta gente che non ha da mangiare come si può dire che Dio dà il cibo a ogni vivente?”.

Non dobbiamo mai avere paura degli interrogativi e dei dubbi che la fede suscita. Dobbiamo affrontarli umilmente ma coraggiosamente, altrimenti la nostra fede non sarà mai adulta e consapevole.

Proviamo perciò a confrontarci con la parola di Dio che questa domenica ci propone.

Certo, a noi piacerebbe che il Signore fosse sempre pronto a moltiplicare il pane, così il problema della fame del mondo sarebbe risolto, e noi ce ne potremmo stare tranquilli davanti ai nostri piatti ricolmi d’ogni bene. Ma non è così. Perché il Signore moltiplichi il pane è necessario che noi superiamo la nostra logica per entrare in quella sua.

La nostra logica è espressa in maniera molto chiara dal servitore di Eliseo che guarda ai “venti pani d’orzo e grano novello”, esclamando: “Come posso mettere questo davanti a cento persone?”; e dai discepoli Filippo e Andrea che constatano: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo”, e “C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?”.

Sia il servo del profeta che i due discepoli guardano alla realtà con la logica umana, senza aperture verso quella di Dio. Perciò concludono che non si può. Chissà quante volte anche noi abbiamo ragionato così, tirandoci in dietro di fronte a impegni verso i quali non ci sentivamo all’altezza, a prove che ritenevamo superiori alle nostre forze, a situazioni che ci interpellavano, ma che sentivamo sproporzionate alle nostre possibilità?

Eliseo e Gesù non ragionano così

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